A Catania, dove il neoclassicismo teorico ed archeologico non era
riuscito a spegnere il crepitio insistente ed annoiante del
barocchetto locale, neanche nelle architetture di Stefano Ittar,
erano giunti a dare aiuto, contro gli epigoni del Testa, i quadri
dei più celeberrimi accademici per decorare la Chiesa dei
Benedettini divenuta Galleria dell'Accademismo d'importazione,
quadri che non valsero però a distrarre Michele Rapisardi
(1799-1853) e Giuseppe Gandolfo (1792-18 55) dalla osservazione
realistica, permanente qualità dello spirito catanese. Il caso più
tipico di liberazione dell'accademismo proprio dovuto alla influenza
del clima locale, è rappresentato da Giuseppe Gandolfo il migliore
pittore dell'Ottocento Catanese.
A
Firenze, dove il giovane giunse smanioso di arte, dopo un anno di
soggiorno a Roma presso l'Errante, egli fu posto a copiare
Raffaello, Correggio, Tiziano, dal Benvenuti che lo ebbe caro e lo
protesse. Il giovane, che in patria aveva cesellato oro e modellato
creta, divenne un eccellente e disputato copiatore di quadri
antichi. Tale sarebbe forse rimasto se una buona febbre non lo
avesse costretto a rimpatriare. A Catania egli cominciò a dipingere
ritratti e, applicandosi a riguardare i modelli vivi con lo stesso
ardore con cui aveva studiato i quadri dei grandi maestri, e
rinnovando in sè, l'innata schiettezza intuitiva siciliana, riuscì a
dipingere una serie di ritratti di grande valore d'arte.
Con la fredda,
aristocratica intarsiatura coloristica di un Bronzino e assai
ricordandolo nei toni di azzurro opaco, egli dipinse il
Ritratto
della famiglia Paternò Guttadauro Emmanuel a volumi conclusi,
accordati musicalmente su due toni di azzurro traversati da candide
zone ottenendo in tal modo una familiare intimità (Casa Emmanuel,
Catania). Nel Ritratto della
Principessa di Maletto (Catania, Casa
Grimaldi), è una de1izia quel mazzolino di rose tenerelle poste a
fermare il velo sui tre buccoletti nerissimi; nel ritratto di
Fernanda Grifeo, Duchessa di Carcaci (Catania, Casa Carcaci), come
sono disposte le pieghe del candido scialle a commentare la linea
cadente delle spalle e la nerissima ala dei capelli! E come
l'accorto pittore conta sulle belle spalle e sulla rigogliosa figura
di Donna Eleonora Guttadauro Emmanuel per dipingerne il ritratto
sobriamente e sicuramente sullo scuro del fondo senza un gioiello
perchè nulla distragga dal contemplarne il bel volto placido e il
braccio impeccabile (Catania Casa Spitaleri). Fu a Catania il
ritrattista degli aristocratici e lo fu con una pittura
straordinariamente equilibrata elegante, passando a rassegna con
molto compiacimento le più languorose e ardenti damine catanesi. E
non vi è grazia pari alla sua nel prepararle al ritratto con
civetterie di colori e di gesti.
Fuori, Gíuseppe Gandolfo si
sarebbe smarrito nell'accademismo toscano, a Catania, riconquistò il
senso della vita e dell'arte.
Il ritratto salvò la pittura
neoclassica siciliana, perchè utilizzò il vigore disegnativo
neoclassico restaurato dal Velasco per la rappresentazione della
figura umana aggiungendovi la naturale vivacità intuitiva siciliana.
Fu il modo più schietto di sfuggire ad uno sterile estetismo
assolutamente inconciliabile con lo spirito isolano. |