poetessa

VITA

 

Il giglio e la rosa

Un giorno vidi un fior gentile e bello,
Sostai a mirarlo e ne restai invaghita,
Desio mi spinse allor di possederlo
D’averlo sul mio sen tutta la vita.
Quell’olezzante fior mi fu negato
Dal crudo e avverso fato.

Un turbine fatal me lo rapiva,
Strappollo crudelmente dal suo stelo,
E con la speme sol rimasi viva
Di possederlo e a questo solo anelo.
Fin che ritroverò quel fiore amato
Stancherò con mie preci il sordo fato.

Ah! se alfin m’è concesso il ritrovarlo,
allora mille baci gli darei,
Lo stringerei sul cor senza lasciarlo,
Cento scherzi d’amore io gli farei.
Intrecciati così la rosa al giglio
Iddio ci guarderà d’ogni periglio.

Qual due stelle in ciel sereno
Qual due fiori in uno stelo
Noi sarem rivolti al cielo
O cadrem chinati al suol.

Il mio desiderio

Giorno bramato ah! vieni,
Tergi dagli occhi il pianto,
Deh! Tu il dolor rattieni
Che chiuso è nel mio cuor

Quando sarai propizio,
Tu, cieco ai voti miei?
O dunque un sacrifizio
Offrirti io ben dovrò?

Santo Imeneo t’affretta
A consolar quest’alma
Che da te solo aspetta
Il vivere o il morir.

Se tu non scendi celere
A rischiarar sua pace,
Non troverai che cenere
Di lei che sì morì.

 

La notte

Muta solinga e mesta
M’aggiro fra le coltri,
Com’ombra che si desta
D’un solitario avel.

Cerco con gli occhi il tenero
Mio solo amato oggetto,
Che tanto io amo e venero
Come s’adora in ciel.

Ma che sperar? se tacita
La notte ha stese l’ale
E quel rumor che m’agita
è di quel bronzo il suon!

Balzo da letto immobile
A quei rintocchi mesti
E un gel m’assal terribile
Ch’io non potrei ridir.

Ahi quanto soffro io misera
A questo rio tormento,
Mie membra il ghiaccio assidera
E toglimi il respir.

Parmi d’udir i gemiti
Ddi quel che più non sono,
E un suon tremendo ch’imiti
Dell’ombra il sospirar.

Con man tremante e incerta
Cerco altra man che stringa,
Ma al cor torna deserta
La man che niun trovò.

Stanca, languente e mesta
L’aurora mi sorprende,
Cme par che si desta
L’immagin del dolor.

 

La mia consolazione

Sulla fronte del mio Bene
Dolce un bacio gli deposi,
E a quel bacio le mie pene
In un tratto disparir

S’io son mesta e sconsolata
Un suo detto mi rincora,
Un suo sguardo m’allontana
La mestizia dal mio cuor

Come un Angiolo di Dio
Tu mi segui nella vita,
Sii di guida all’amor mio
E sostegno al mio morir.

Tu per me sei più di Dio,
Sol mio bene in questa terra,
Ed è solo mio desio
D’adorar il mio Antonino.

 

A te Donna adorabile

A te Donna adorabile
Questi miei versi innalzo,
Che generosa e nobile
Strappastemi al morir.

Sì! Ch’io morir sentivami
Da lungo affanno oppressa,
Veder colui che amavami
Distolto dal mio cor.

D’immenso amor ci amavamo
Che niun può già capire
Ma gli occhi al suol chinavamo
Pensando al rio avvenir.

Ed in singhiozzi e lagrime
Talora io mi stemprava,
E lui pietoso e amabile
Diceva di sperar.

Quando improvviso un Angiolo
Verso noi tese il volo,
Ci tolse da quel vortice
E ne rivolse al ciel.

E Tu, Tu fosti l’Angiolo
Donna adorata e bella,
Che dal penar togliesticci
E ci accogliesti al sen.

Ed or qual labbro umano
Spiegar a te potria,
L’immensa gratitudine
Che tocco ha questo cor.

Sol con la vita, immemore
Sarò dei doni tuoi,
A te la vita e l’anima
Tutto donar saprò.

 

A mio figlio
Occorrendo il suo dì natalizio

Or son due anni che con doglie, amore
Palpitante, sul letto io mi giacea,
E con convulsa man gli occhi asciugava
Al misero consorte che piangea.

Dopo molto indugiar tra morte e vita,
Tra l’ansia della speme e del deliro
Fui madre e dalla gioia il cor compreso
Femmi dimenticare il mio martiro.

Madre già fui d’un pargoletto biondo,
Rosee le gote, il labbro corallino,
Bianco come la neve avea il suo volto
Un angiolo parea più che divino.

E or compie due anni il mio tesoro
Vispo come augellin che vola al fiore:
Egli sarà solo conforto estremo
Alla misera madre quando muore.

 

 

 

VITA